Elisoccorso. Dal SIS118 con il dottor Libero Mileti, primario dell’anestesia società regionale Basilicata e primario in elisoccorso regionale. Al convegno si è parlato molto dell’elisoccorso per avere così una visione complessiva di questo strumento di punta dell’emergenza preospedaliera.
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Parliamo di elisoccorso, qual è stato il succo del discorso ?
“Ormai l’elisoccorso è una realtà ultra ventennale.
E’ un sistema difficile da sradicare e indispensabile alla luce di nuove innovazioni di carattere ospedaliero.
L’ IM70 ha ristrutturato la rete ospedaliera, quindi un mezzo che possa collegare gli ospedali gli uni con gli altri diventa ancora più determinante soprattutto per le patologie tempodipententi, tra cui lo stroke e il trauma maggiore.
Ora si è cercato di individuare quattro argomenti con una doppia visione: quella dell’aspetto clinico sanitario e quella dell’aspetto aeronautico.
Ogni relazione aveva due punti di vista.
La prima visione era sui criteri di attivazione, ovvero sicurezza, evitare per il futuro ove possibile incidenti degli anni passati, come per esempio quello a l’Aquila.
Il secondo argomento riguardava la tecnologia, soprattutto da un punto di vista sanitario, poiché chiamati sempre di più ad essere attori attivi nelle reti tempodipendenti.
L’avionica, dal punto di vista tecnologico è cambiata molto negli ultimi vent’anni, gli elicotteri hanno grandi capacità di volo in sicurezza, quanto diurno, quanto notturno e anche in condizioni di scarsa visibilità.
Terzo argomento: come si possa integrare l’elisoccorso.
Non può sostituire in toto quella che è l’asse portante dell’emergenza territoriale.
L’elicottero può integrare il sistema ma non lo può e non lo deve sostituire, però si può fare molto per migliorare ad integrare i rendevouz tra i mezzi terrestri e gli elicotteri tanto durante la fascia diurna quanto notturna.
Non è solo questione di raggiungere e atterrare dagli ospedali, ma si tratta anche di atterrare presso un’ambulanza e fare il pick up dei pazienti da un mezzo terrestre per portarlo all’ospedale più adeguato, non necessariamente il più vicino.
Ultimo punto: i costi. Tutto ciò ha ovviamente un costo: la formazione, le tecnologie, le elisuperfici, e tanto altro.
Occorre tenere sott’occhio tutte le variabili per poter dare al sistema tutte le informazioni e la sicurezza possibili.”
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Dal punto di vista del professionista, l’elisoccorso è anche una questione fondamentale di team, ovvero dell’equipe sanitaria a bordo. Si è discusso anche di questo aspetto dal punto di vista infermieristico-medicale?
“Assolutamente sì, già nel 2005 il vecchio decreto conferenza stato-regione diceva quale dovesse essere la rete degli equipaggi di soccorso, ma ci vogliono anche gli infermieri di area critica, che provengono da reparti di alta specializzazione e di alta capacità di reazione che possono portare la loro esperienza direttamente sul territorio.
Questo per migliorare la risposta alle urgenze su un mezzo così speciale come l’elicottero.”
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Nell’esperienza della Basilicata c’è anche un aspetto di navigazione che vi crea geograficamente diverse complessità. L’elisoccorso in questo caso specifico come viene organizzato da questo punto di vista?
“La Basilicata ha un Appennino arduo e una superficie ampia.
Abbiamo un’unica azienda ospedaliera, i pazienti complessi devono tutti convergere nell’azienda ospedaliera regionale.
Questa estrema semplificazione rende ancora più competitivo l’elisoccorso nel momento in cui è iniziato da un anno il volo notturno.
Solo stati censiti un certo numero di campi sportivi, ma le basi di elisoccorso già presenti presso le aree ospedaliere spoke sono tutte certificate tranne una per il volo notturno.
Da questo punto di vista certamente l’organizzazione regionale sanitaria e il territorio hanno trovato una buona simbiosi attraverso questo sistema.”
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Applicazione dei principi della Wilderness Remote Medicine in ambiente italiano: in una regione come la Basilicata che hanno aree poco difficili da collegare, si possono applicare questi principi?
“Sì perché avere un territorio così ampio con una densità di popolazione estremamente bassa, deve rendere quanto più possibile l’applicazione di quelle che sono le strategie migliori anche per una stabilizzazione del paziente.
Ben venga qualunque iniziativa possa coinvolgere gli ospedali periferici, nonostante non possano gestire pazienti in acuto, rimangono comunque una risorsa da tenere presente, almeno come stabilizzazione iniziale di pazienti critici.”
PODCAST DELL’INTERVISTA